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Immagine del redattoreElior By Tekapp

Miura, il toro da combattimento che conquista il mondo.

Ferruccio Lamborghini nel 1966 realizza la Miura, una delle più belle supercar della storia.




Ancora oggi la Lamborghini Miura rappresenta una pietra di paragone ed è stata quella che ha rivoluzionato la concezione delle supercar. Nel maggio 1963 nasce la società “Automobili Ferruccio Lamborghini,”, acquista un terreno a Sant’Agata Bolognese e solo sei mesi dopo espone al Salone di Torino la 350 GT disegnata da Franco Scaglione e dotata di un 12 cilindri di 3.500 cc progettato da Giotto Bizzarrini, ex Ferrari, licenziato proprio dal Drake assieme ad altri otto dirigenti. L’avviamento della produzione è  affidata a due giovani ingegneri: Giampaolo Dallara e Giampaolo Stanzani. Con quella vettura Ferruccio Lamborghini vuole fare il suo ingresso nel mondo delle grandi automobili, in competizione, oltre che alla Ferrari, con marchi come Maserati, Jaguar e Aston Martin. Molti sono scettici sul prodotto di Sant’Agata, ma Lamborghini è presto pronto a stupire il mondo, vuole una idea nuova, una macchina perfetta, che deve essere ricordata e invidiata da tutti. Stanzani e Dallara dopo avere realizzato la 400 GT pensano ad una vettura rivoluzionaria e pian piano nasce l’idea di una supercar con motore 12 cilindri a V di 4 litri sistemato trasversalmente dietro l’abitacolo. Il patron Ferruccio capisce che è quella la grande idea, è il progetto per una macchina che deve lasciare il segno. “Anche se produrremo solo 50 vetture sarà una grande pubblicità per la Lamborghini” tuona l’impetuoso Ferruccio ed al Salone di Torino del 1965 il telaio della nuova vettura fa bella mostra nello stand. La struttura è in lamiera scatolata e piegata, saldata e forata per ridurne il peso con il cambio ed il differenziale uniti al basamento del motore in un’unica fusione.


Nuccio Bertone intuisce che c’è tanta tecnologia ed una idea fantastica dietro a quella realizzazione, e propone subito a Lamborghini lo studio e la realizzazione della carrozzeria attorno a quel telaio. “Sono quello che può realizzare le scarpe per i tuoi piedi” le parole colpiscono subito patron Ferruccio e Bertone affida a Marcello Gandini il design della vettura. La carrozzeria è fantastica, schiacciata a terra, bassissima, con le prese d’aria sui montanti delle portiere per raffreddare il potente V12. Bellissima, una vera opera d’arte moderna che improvvisamente fa invecchiare tutte le altre granturismo sul mercato. Ci vuole un nome e patron Ferruccio pensa subito a quello di un toro, come il suo segno, ma da combattimento, come il suo carattere: si chiamerà Miura e sarà un successo planetario. Nel 1966 la Miura debutta, sarà la pietra miliare del miracolo Lamborghini. Teste coronate, industriali, celebrità di tutto il mondo impazziscono per possedere una vettura di Sant’Agata. Dal Sultano del Brunei a Dean Martin, Elton John, Paul Mc Cartney, lo Scià di Persia, Twiggy, Frank Sinatra e Grace di Monaco, come le star italiane dell’epoca Gino Paoli, Claudio Villa e Little Tony, arrivano a possederne una.

Della Miura erano previsti solo pochi esemplari, invece si fa fatica a produrne tanti sono gli ordini. A soli quattro anni dalla sua creazione la Lamborghini Automobili è una industria in continua espansione, la pioggia di ordini della Miura ha portato tanto denaro e soprattutto un interesse e una pubblicità senza pari.


A distanza di mezzo secolo dalla realizzazione di quell’opera d’arte la ricorda così Giampaolo Dallara:

“La Miura aveva un telaio scatolato in lamiera per risparmiare sugli spessori, un telaio in tubi sarebbe risultato più grosso. Ma quando siamo partiti non sapevamo quante macchine avremmo realizzato quindi Lamborghini non fece fare degli stampi come si usa oggi, ma tutti i pezzi erano realizzati piegando la lamiera. Il telaio era fatto a Modena da un magnifico artigiano di nome Marchesi che riuscì a fare un prodotto rigido, ma al contempo leggero e costava anche poco. Per la carrozzeria si rivolse a Bertone che capì subito quale doveva essere lo spirito di quella macchina, ovvero quello di assomigliare alle più belle macchine da competizione come la Ford GT40 che aveva appena vinto a Le Mans, ma doveva essere più bella ed attraente della granturismo americana. Bertone c’è riuscito benissimo, è uno dei migliori capolavori, grazie soprattutto ad un giovane Marcello Gandini che ha dato sfogo a tutta la sua creatività ed anche i colori, erano particolari, facevano risaltare quelle linee, inusuali e belli ancora oggi. Sono molto orgoglioso di avere partecipato alla realizzazione di quella vettura, eravamo un gruppo di giovani entusiasti ed estremamente creativi che ci trovavamo a realizzare una vettura ad altissime prestazioni. La Miura era un progetto rivoluzionario, ma ancora oggi attuale e sarebbe difficile farla più bella, L’estetica ha un ruolo fondamentale, le GT ad alte prestazioni spesso non servono per andare al lavoro, ma la possiedi perché ti piace, o per mostrarla agli altri e quindi deve essere bella. Negli anni della Miura, il momento in cui mi sono sentito più gratificato è stato quando, Chapman con Jim Clark vennero a farci visita a Santagata Bolognese proprio per vedere da vicino come avevamo realizzato quella vettura. Chapman era il mio idolo, un mio punto di riferimento, le sue idee avevano rivoluzionato il mondo delle corse, le sue vetture stradali, coma la Lotus Seven erano macchine realizzate solamente per il puro piacere della guida, senza nessun compromesso. In quel momento, durante la sua visita, ho capito che avevamo fatto qualcosa di importante, che era andata oltre le nostre aspettative.”










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