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  • Immagine del redattoreElior By Tekapp

BMW M1 ed M1 Procar

Aggiornamento: 16 apr



La supercar BMW M1 destò sensazione e segnò la sua epoca. Costruita in meno di 500 esemplari, è più rara di una Ferrari F40. Tuttavia, oggi fra le auto storiche non ha prezzi da capogiro. Negli ultimi tre anni le quotazioni sono salite, ma rimangono sotto i 100.000 euro. Forse è il momento di approfittarne perché il trentesimo anniversario del modello ha ricordato agli appassionati quanto è ancora desiderabile e ciò influenzerà le quotazioni. La BMW M1 accese il desiderio nel 1978 ponendosi subito all’attenzione come la più bella e veloce auto tedesca di serie. Si sapeva che la BMW stava lavorando su questa supercar, ma la M1 arrivò un po’ in ritardo. Era attesa a Ginevra, poi a Torino, ma il battesimo internazionale avvenne soltanto nell’ottobre 1978 al 64° Salone di Parigi. L’affascinante GT compendiava il know-how della casa di Monaco in fatto di auto ad alte prestazioni. Ottenne quindi immediato consenso e, a dispetto del prezzo di 100.000 marchi (quasi 70 milioni di lire), più di una Ferrari BB 512, le prenotazioni coprirono in breve tempo la produzione dei 400 esemplari programmati. L’attesa dei clienti durò ancora, le prime consegne avvennero nella primavera 1979, le ultime addirittura nel luglio 1981. Per capire i ritardi di una Casa seria e precisa come la BMW bisogna andare a scavare nella genesi un po’ particolare di questo modello fuori del comune.

Lo sport come linea di pensiero Se negli anni Settanta si domandava a un dirigente BMW cosa pensasse dello sport, la risposta era: “Pensare è il nostro sport”. Così, nel 1976 gli uomini della Casa bavarese pensarono a una berlinetta per le corse GT Gruppo 4, dalla quale derivare una versione turbo per il Gruppo 5 e una stradale per gli amanti delle sensazioni forti. All’epoca le soddisfazioni sportive non mancavano. Nel 1972 era nata la BMW Motorsport GmbH, braccio armato della BMW per le competizioni. Nel 1976 la giovane struttura vantava già tre titoli nel campionato conduttori del Challenge Europeo Turismo con le 3.0 CSL di Toine Hezemans (1973), Siegfried “Siggy” Müller (1975), Jean Xhenceval (1976) e altrettanti titoli nel Campionato Costruttori. La BMW Motorsport forniva inoltre i motori alle Formula 2 Brabham, Chevron, GRD, March, Martini, Osella, Ralt e aveva all’attivo i campionati europei di Patrick Depailler (March 742/BMW nel 1974) e Jacques Laffite (Martini Mk 16/BMW nel 1975). La M1, primo progetto siglato con la M di Motorsport, doveva spezzare il dominio delle Porsche 911 nei Gruppi 4 (GT Speciale) e 5 (Silhouette). Per questo non bastava una berlina elaborata, ci voleva un modello da corsa costruito in 400 esemplari per ottenere l’omologazione in quelle Classi.

L’accordo con gli italiani Per il motore la BMW Motorsport ipotizzò il V10 tipo M81 abbozzato per la Formula 1 o il sei cilindri M88 derivato dalle 3.0 CSL del campionato Turismo. Per rapidità d’esecuzione prevalse la seconda ipotesi. Ora bisognava pensare al corpo vettura. Nel cassetto dei sogni c’era la concept car disegnata da Paul Braq nel 1972 attorno a un motore 2002 Turbo posteriore-centrale. Poteva essere quella la base di partenza, ma si doveva passare da una costruzione concepita per l’ovattata immobilità dei saloni a una pronta a battersi secondo la dura legge dello sport. Con modestia e anche con scaltrezza, perché così poteva fare prima, la Motorsport si rivolse agli italiani, maestri nel costruire GT di alte prestazioni. Come partner per lo stile scelse la Italdesign, per l’autotelaio la Lamborghini, azienda fuori dalle corse che però aveva saputo concretizzare idee al limite della fattibilità come la Miura e la Countach. La Casa di Sant’Agata accolse la notizia come una mano tesa dalla Provvidenza per toglierla da una situazione finanziaria ai limiti del collasso. Preso in carico l’autotelaio, il partner emiliano mobilitò i suoi specialisti. In breve il telaista Marchesi realizzò la struttura in metallo con la consulenza dell’ing. Giampaolo Dallara, che mise a punto sospensioni adatte a sfruttare al meglio i rivoluzionari pneumatici Pirelli P7.

Stoccarda La linea di montaggio della M1 era lunga mezza Europa. Marchesi di Modena costruiva i telai. La T.I.R di Reggio Emilia realizzava i pannelli della carrozzeria in vetroresina. La Italdesign di Torino univa il telaio alla carrozzeria e completava le finiture esterne. Le scocche abbigliate partivano poi per Stoccarda, dove la Baur montava i gruppi meccanici, il motore proveniente dalla Motorsport e i sedili in pelle forniti dalla vicina ReCaRo. I primi esemplari completi arrivarono presso i concessionari nel febbraio 1979. I clienti verificarono così che le prestazioni promesse c’erano tutte. La velocità massima era addirittura un po’ superiore ai 262 km/h dichiarati e a dispetto dell’origine agonistica il comfort era superiore a quello delle altre supercar. Le finiture univano al rigore della BMW alcune note di manualità artigiana che piacevano. La tenuta di strada era quella di un’auto prevista per montare anche un motore turbo Gruppo 5 da 850 CV: eccezionale. Ma per sfruttare a fondo le enormi potenzialità ci voleva un vero pilota. Infatti, la vettura era sempre scomposta e non avvertiva il pilota quando si avvicinava il limite di aderenza. Quando lo superava, partiva sulle quattro ruote e ci volevano sensibilità sopraffina e gran rapidità di manovra per controllarla. Un’altra caratteristica da tenere presente era la tendenza dei freni a bloccare sull’anteriore nelle “staccatone”. Sarebbe bastato sopprimere il servofreno come nella versione corsa, ma poi chi spingeva il pedale con la forza necessaria? Nella guida molto veloce questi nei non davano fastidio. Non dava fastidio nemmeno il regime di coppia massima piuttosto in alto, a 5.000 giri, anzi all’utente normale piaceva stupire il passeggero (o meglio, la passeggera) con il calcio nella schiena provocato dal motore che entrava in coppia e diventava rabbioso con un urlo da brivido. Ancora oggi la M1 gratifica il pilota e il passeggero con emozioni forti, ma con tutta la sicurezza resa possibile dagli standard di progettazione all’avanguardia. Insomma, è ancora un’auto moderna nella concezione ma ha il fascino di una supercar storica e i vantaggi consentiti dall’età: omologabilità ASI, esenzione dal bollo, facilitazioni assicurative e deprezzamento inconsistente. Perché non approfittarne? Auto così, davvero, non se ne fanno più.

Linea ed Interni La linea della M1 è attuale a 30 anni di distanza. I fari a scomparsa sono una delle particolarità stilistiche della BMW M1. La M1 è inoltre ricca di prese e sfoghi d’aria, come si addice a un’auto da corsa. Giugiaro ha provveduto però a “nasconderle”, con la classe che si conviene a una BMW (un chiaro esempio viene dalla presa dietro i finestrini). Sul cofano anteriore invece c’è l’ampio sfogo del radiatore, mentre in coda pinne e feritoie sono state poste con scopi più che altro estetici. Infine altre due prese sono alla base del parabrezza (a destra). Nella vista posteriore risalta l’impostazione corsaiola della M1, che nell’intento di BMW doveva essere l’anti-Porsche. Bassa e larga, esprime forza e carattere grintoso. Per quanto riguarda gli interni, la cura delle finiture e la qualità dei materiali fanno dell’abitacolo della M1 un riferimento ancor oggi. I sedli Recaro erano montati dal carrozziere Baur, un marchio noto in casa BMW. Magari non era eccezionale il gusto della tappezzeria, più teutonico che italiano. Derivando dal progetto di un’auto da corsa prima che di serie, il fatto che esista un vano bagagli, per quanto piccolo, è apprezzabile. Si trova dietro il motore, occupato peraltro in parte dalla ruota di scorta. BMW forniva inoltre delle piccole borse morbide. La plancia della M1 dal canto suo è molto ampia e ha comandi e spie un po’ sparpagliati. Sul tunnel centrale ci sono i comandi del condizionatore, i pulsanti degli alzavetri e quelli di hazard, sbrinatore e fendinebbia, mentre la radio è originale Becker Mexico. La strumentazione comprende, oltre agli indicatori principali, pressione olio, temperatura acqua e olio più le spie principali. Al centro, la levetta per l’accensione luci con la rotellina del reostato del cruscotto. Ultime chicche sono i comandi del riscaldamento, regolabile separatamente sui due posti anteriori, l’orologio a cristalli liquidi e l’accendisigari.

Tecnica Sulla M1 si è dovuto fare un notevole sforzo per ottenere un abitacolo di dimensioni adatte all’uso stradale. Il motore è centrale con cambio longitudinale, i due serbatoi della benzina e i freni a disco autoventilanti. La carrozzeria in vetroresina permise di contenere il peso in 1.290 kg, inferiore a quello delle dirette concorrenti (tranne la Lamborghini Countach). Il 6 cilindri in linea siglato M88 deriva dalla CSL 3.0 che disputava le gare del Campionato Europeo Turismo. Non a caso è superquadro (alesaggio 93,3 mm e corsa 84 mm), con distribuzione bialbero e 24 valvole per una curva di erogazione spostata verso l’alto, con la coppia massima a 5.000 giri. Infine, sotto il cofano anteriore si celano l’enorme radiatore, la batteria e altri servizi come i fusibili e le vaschette dei liquidi per l’impianto frenante e per il lavavetro.

Il Mistero dei Numeri È difficile conteggiare le M1 prodotte: la Casa nei suoi comunicati stampa cita 445 esemplari: 399 stradali e 46 Procar. Giugiaro parla di 460 vetture, ma è un dato indicativo. Una fonte americana valuta 450 esemplari dei quali 396 stradali e 54 da corsa. Un’altra fonte riferisce 456 esemplari comprendendo quattro prototipi e gli esemplari distrutti nelle prove di crash. Il problema sta nel conteggio. Vanno contate o no le vetture per le prove distruttive? E poi come vanno conteggiate le cinque M1 Procar costruite sicuramente dalla BS? E quante ne sono state davvero montate da Osella o da altri Team esterni? Infine, va conteggiata come stradale o no la M1 che un principe arabo ha voluto con specifiche Procar? Accontentiamoci di sapere che il totale va dalle 445 vetture conteggiate nei registri della Casa alle 460 di chi ha cercato di contare anche quelle montate fuori. Volendo sapere la produzione anno per anno si trova una situazione ancora più ingarbugliata: per esempio, bisogna considerare le vetture giunte al termine della linea di montaggio o quelle consegnate ai clienti dopo averle prelevate a fine catena per aggiornarle alle loro stravaganze? In ogni modo, i numeri di telaio delle BMW M1 sono composti da un prefisso di 14 caratteri (WBS59910004301) seguito da tre cifre che vanno da 001 a 460. Pare che siano state utilizzate la 045, 046, 047, 048, 049, 428 e 431. Due vetture costruite per il Gruppo 5 non ebbero il numero di telaio. La Gruppo 5 costruita dalla March ebbe il numero 81P.

M1 Procar Nell’autunno 1978 la BMW svelò il programma del Trofeo Procar e anticipò le caratteristiche della M1 che ne sarebbe stata protagonista. Elaborata secondo le direttive del Gruppo 4, la M1 Procar era più potente della M1 stradale (470 CV contro 277 CV) grazie a nuovi alberi a camme, valvole maggiorate, pistoni forgiati, iniezione con saracinesche invece di farfalle e scarico più libero. Diversi erano pure il differenziale autobloccante (dal 40% al 70%-90% secondo i circuiti), lo sterzo più diretto, le sospensioni su uniball, le barre stabilizzatrici regolabili e i cerchi allargati con pneumatici Goodyear Racing 10,0/23,5 x 16 davanti e 12,5/25,0 x 16 dietro. Nuovi anche i parafanghi allargati in ragione delle gomme maggiorate, gli spoiler anteriore e posteriore e le dotazioni di sicurezza. L’elaborazione non aumentò peso, che anzi diminuì a 1.005/1.020 kg con l’eliminazione di tutte le dotazioni della confortevole M1 stradale, aumentò la velocità massima (310 km/h contro 262 km/h), grazie anche a rapporti della trasmissione più lunghi. Aumentò molto anche il prezzo: in pratica raddoppiò perché ai circa 60 milioni di lire di una M1 normale bisognava aggiungerne altrettanti per l’elaborazione. Il regolamento sportivo della serie Procar stabilì che le prime cinque posizioni nelle griglie di partenza di ciascuna gara sarebbero state assegnate ai cinque piloti della Formula 1 meglio classificati nelle prove dei Gran Premi ai quali le gare erano abbinate. Ai cinque più veloci della Formula 1 si sarebbero aggiunti i “privati”, che si sarebbero sudati le posizioni di partenza in apposite prove con le M1 del Trofeo. Il montepremi per ogni gara era di 5.000 dollari per il primo, 3.000 dollari per il secondo e 2.000 dollari per il terzo. Un piatto davvero ricco. In più ogni pilota “privato” avrebbe ricevuto 50 dollari per ogni giro condotto davanti a uno dei cinque piloti della Formula 1, 100 dollari per ogni giro davanti a due dei piloti dei GP e 250 dollari per ogni giro davanti a tutti e cinque i piloti della Formula 1. Alla fine del campionato, il primo fra i piloti della Formula 1 e il primo “privato” avrebbero ricevuto entrambi in premio una M1 nuova.

Scheda Tecnica SCHEDA TECNICA BMW M1 (1978-1981) Motore Posizione posteriore/centrale Numero cilindri 6 Disposizione in linea Alesaggio 93,3 mm Corsa 84 mm Cilindrata 3.453 cc Rapporto di compressione 9:1 Potenza massima 277 CV a 6.500 giri Coppia massima 33,6 kgm a 5.000 giri Distribuzione due alberi a camme in testa, 4 valvole per cilindro Alimentazione iniezione meccanica Kugelfischer con tre collettori a doppia farfalla, diametro 46 mm Accensione elettronica Magneti-Marelli priva di contatti, controllata dal volano Lubrificazione forzata, carter secco, radiatore olio, capacità carter 8 litri Raffreddamento ad acqua, circolazione forzata, due ventilatori a innesto elettromagnetico, capacità circuito 20 litri Impianto elettrico 12 Volt Alternatore 910 W Batteria 55 Ah Trasmissione Trazione posteriore Frizione Fichtel & Sachs bidisco a secco con comando idraulico Cambio manuale ZF a cinque marce Rapporti del cambio l 2,42; ll 1,61; lll 1,14; lV 0,846; V 0,704; RM 2,86 Differenziale autobloccante al 40% Rapporto al ponte 4,22 Pneumatici Pirelli P7, anteriori 205/55 VR 16, posteriori 225/50 VR 16 Cerchi in lega leggera anteriori 7” x 16”, posteriori 8” x 16” Corpo vettura Tipo telaio tubolare in acciaio con pannelli di rinforzo Tipo carrozzeria coupé due porte, in materiale plastico Sospensioni anteriori indipendenti, doppio braccio con attacchi alle ruote in lega leggera, molle a elica, barra antirollio, ammortizzatori a gas telescopici Sospensioni posteriori indipendenti, doppio braccio (inferiore trapezoidale) con attacchi alle ruote in lega leggera, molle a elica, barra antirollio, ammortizzatori a gas telescopici Freni a disco ventilati con servofreno, doppio circuito, riduttore di frenata servoassistito sull’assale posteriore Sterzo a cremagliera, colonna a due giunti regolabile in lunghezza Capacità serbatoio carburante 116 litri (2 x 58 litri) Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.560 Carreggiata anteriore 1.550 Carreggiata posteriore 1.576 Lunghezza 4.360 Larghezza 1.824 Altezza 1.140 Altezza minima da terra 125 Peso a vuoto 1.290 kg Prestazioni Velocità massima 262 km/h Consumo carburante 12,8 litri/100 km a 130 km/h Accelerazione da 0 a 100 km/h 5,5 sec



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